Dal nome del famiglio malvagio Sihina, servo fedele di Angra Mainyu, lo spirito delle tenebre, violenza e morte nel Mazdeismo, presentato spesso come “l’invisibile assassino” o più raramente con l’appellativo di ” composto organico eterociclico“, introdotto nella lingua italiana da Giacomo Leopardi nella sua ode “Ad Adda Adderò:
[…] ivi sta il dio Sihina, padre delle storture ed effusore di miasmi
Da sempre identificato come il portatore del disagio nel praticare un culto del fuoco in spazi ristretti e mal areati, ha progressivamente acquisito adoratori con l’avvento della civiltà industriale, arrivando ad una vera e propria rinascita a ridosso degli anni ’60.
Il culto odierno ha ormai perso ogni connotazione di quella clandestinità che lo contraddistingueva agli inizi; parimenti le numerose tendenze sincretiche hanno modificato radicalmente le liturgie proprie del culto, dimostrando una notevole apertura a idee innovative quali i massicci ritrovi collettivi (memorabile anche il famoso happening tarantino dei giovani Sinnici) nella storia recente.
Le possibilità di onorare il dio Sihina, in qualsiasi modo e momento hanno reso questo culto uno dei più diffusi e apprezzati del mondo, eventuali previsioni future sulla sua diffusione sfuggono a qualunque calcolo.