Salutare – sa|lu|tà|re

Il verbo salutare, come l’omonimo aggettivo, derivano dal nome della casta sacerdotale di origine etrusca, poi trapiantata nel complesso panorama cultuale romano, dei Salutari che aveva il compito di raccomandare la buona sorte a quanti si mettevano in viaggio o, comunque, a chi si allontanava da un certo luogo. La voce salutare deriva dal latino salutare intensivo di salveresalutus con il significato di “star sano”; a sua volta questi termini condividono la medesima radice indoeuropea di sal– utilizzata dai latini come sostantivo per indicare il sale e diffusa con lo stesso significato in gran parte delle lingue occidentali.

Il binomio sale-salute è molto antico e trae origine dalla proprietà del sale di rendere incorruttibile (o almeno così doveva apparire agli antichi) la materia organica trattata con esso. Gli esempi sono innumerevoli e, solo a carattere esemplificativo, si possono citare le mummie egizie e i prosciutti celtici, entrambi trattati con sale che ne permetteva la conservazione per periodi virtualmente illimitati. Le proprietà del sale di conservare inalterate le caratteristiche di un oggetto sono state in seguito traslate su un piano magico-simbolico con un evidente richiamo alla possibilità di conservare nel tempo alcuni aspetti intangibili dell’esistenza umana come la salute, la felicità, la fortuna, oltre alla stessa integrità fisica.

Allo scopo di favorire la sorte delle persone che si distaccavano da amici e parenti per affrontare un viaggio che poteva rappresentare una fonte di pericoli ed imprevisti, venivano chiamati i Salutari, i quali compivano riti e gesti la cui memoria è giunta fino ai nostri giorni. Come descrive Teodoro Massimo nel “De Ambulatione” (XII, 25), i sacerdoti usavano mettersi di fronte alle persone che si accomiatavano chiudevano la mano destra a pugno e la aprivano mostrando la palma con le dita in alto lanciando granelli di sale sugli astanti con funzione benaugurale; le persone in partenza erano felici di ricevere tale benedizione, ma non il sale negli occhi perché causava bruciore, pertanto agitavano la mano destra aperta davanti al viso schermandosi così dal sale che ricadeva. Alle dame era inoltre consentito sventolare un fazzoletto per rendere ancora più efficace tale operazione.

 

Come si può notare, in tutta la sua evidenza, tali gesti rituali vengono ripetuti ancora oggi in gran parte delle culture occidentali e, anche se dalla fine dell’epoca classica si è perso l’uso di lanciare il sale, i principali segni distintivi del saluto di commiato sono rimasti pressoché invariati.

Sgabello – sga|bèl|lo

Forma volgare del medievale Degabellare: dall’atto del sollevare munificamente un villano dalle pesanti imposte dell’epoca.

L’invenzione del termine si deve all’imperatore Carlo Magno a seguito di una sua vittoriosa campagna militare; al termine della quale, in segno di distensione nei confronti del vinto popolo nomade, cancellò 17 imposte particolarmente onerose tra cui la famosa “Scamnum pecunia” allora molto diffusa.

Tale imposta consisteva in un pesante dazio da corrispondere ogniqualvolta, durante una corvèe, un libero abitante del pagus desiderasse riposare le proprie membra sotto l’ombra del più vicino larice: come si può intuire, una simile tassa era assai malvista dalla popolazione tutta, e il degabellamento imperiale spinse i cittadini a indire grandi festeggiamenti per tutto il Sacro Romano Impero, successivamente conosciuti come “La grande sgabellata” indicativamente tra il 5 e il 18 Novembre dell’anno 802.

L’immediatamente successiva e impopolare decisione di introdurre una gabella sostitutiva (la “Cacculum pecunia“: onerosa imposta sul diritto all’esplorazione Settorinea) al posto delle 17 appena abrogate, fomentò un crescente malumore durante l’altrimenti lieta occasione; complice la cocente delusione e un tasso alcolico pro capite sufficiente a sterilizzare gli strumenti chirurgici nel corso di un’operazione a cuore aperto, la popolazione insorse ergendo a simbolo della protesta lo sgabellamento, a imperituro ricordo dell’ingiustizia subita.

Nonostante isolati atti di insolita crudeltà, come il tutt’ora agghiacciante “Sgabbellamento della Cugghia“, che rese tristemente famoso l’entroterra piceno, la maggior parte dei moti rivoltosi si concentrò all’interno delle taverne confondendosi di fatto con le abituali risse.

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Il pericoloso strumento: impossibile enumerarne gli usi poco ortodossi…

 

La comune accezione di Sgabello, deriva proprio dall’abitudine bellico-ricreativa di scagliare oggetti lignei in giro per il locale, i pesanti panchetti utilizzati al tempo infatti conobbero il momento di massimo utilizzo proprio in occasione della grande Sgabellata.

Alluce – àl|lu|ce

Il termine alluce deriva dal latino allux/allucem composto dalla crasi della particella ad e lux/lucem con il significato: “[dito che sta] alla luce”. Come risaputo le calzature romane sovente erano semplici sandali indossati sia con una calza, sia a piede nudo. In entrambe i casi il dito alluce fuoriusciva dal calzare provocando, a volte, la rottura della calza che lo ricopriva.
Il logoramento della calza procurato dal dito alluce era cosa risaputa almeno dall’epoca repubblicana e, probabilmente, i due elementi costituivano una vera e propria “coppia semantica” all’interno dell’immaginario collettivo, come per noi moderni le associazioni di termini quali “culo e camicia” o “cacio e maccheroni”.

Non sappiamo esattamente in quali termini venisse esplicitata questa coniugazione nei comuni modi di dire, ma, almeno in un caso, ne conosciamo gli effetti. Durante la seconda guerra macedonica che vide la contrapposizione di Roma e la Macedonia di Filippo V alleata della Siria dei Seleucidi, una delle legioni romane era stata appunto soprannominata Ad Lucem. Non è infatti un caso che la funzione principale a cui era votata all’interno della complessa strategia bellica consisteva nella contrapposizione alle armate originarie della regione macedonica della Calcidica (in greco Χαλκιδική).
Sedondo la tradizione, gli abitanti della suddetta regione erano considerati coloro i quali, fin dalla più remota antichità, avevano introdotto e diffuso l’uso del calzare e della calza, due termini legati dal medesimo etimo di Calceus, con l’ovvio significato di “[originario della] Calcidica”.
La volontà di chiamare Ad Lucem la legione che aveva lo scopo di combattere contro i Calcidici richiamava appunto il gioco di parole con il quale si designava l’eterna lotta tra l’alluce ed il calzare/calza con l’inesorabile vittoria del primo sulla seconda.


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