Di origine dialettale, affonda le sue radici negli ultimi fuochi della Commedia dell’Arte dell’entroterra Veneziano, successivamente ripreso e divulgato come omaggio in numerose opere del Goldoni.
Il primo utilizzo documentato risale alla rappresentazione di piazza “mi son Arlechin Batocio, semo de stase incoro finocio“, ricordato inoltre per la prima esibizione del famoso petomane dell’epoca: Guigliermo Sguarrapalme.
Durante lo spettacolo la furba servetta Frigilda (interpretata in quell’occasione da Lucetta Cassineri), che ostinatamente si nega ad un innamorato Arlecchino, viene sorpresa da quest’ultimo mentre in conturbante déshabillée si accinge a rincalzare la pesante coperta nel letto del burbero padrone Rincoloio.
Interrogata sulle sue attuali mansioni Frigilda risponde con la sua unica battuta in tutta la rappresentazione, battuta entrata ormai nella storia del teatro: “Deh! Fazzo il letto“. In risposta a un dire sì deciso e arguto, il sempre loquace Arlecchino viene bruscamente tacitato e nasconde il proprio disappunto fingendo indifferenza e soffiandosi il naso sul pesante copriletto di damasco suscitando l’enorme ilarità del pubblico.
Caso volle che proprio in occasione di quella messa in scena fosse presente fra gli astanti un tale Ruggiero Capodecasso, titolare di una piccola azienda tessile ormai prossima al tracollo finanziario a causa di un tragico investimento in tela di lino grezzo, ridotto per errore a quadrati di 20x20cm.
Osservando la reazione compiaciuta della folla e intuendo la possibilità di un recupero in extremis del capitale investito, il Capodecasso organizza in tempi straordinariamente brevi la vendita dei Fazzo-letto confidando nel traino positivo derivante dallo spettacolo testé concluso.
Inutile dire che fu un completo successo, provocando l’entrata nel campo tessilotorinolaringoiatrico di numerosi concorrenti che produssero le proprie varianti di Fazzo-Letto senza però modificarne mai l’appellativo, che rimase sostanzialmente immutato sino ai giorni nostri.