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Equivocare – e|qui|vo|cà|re

Derivato dalla poco nota novella del Boccaccio Cuccurellino attratto dalle lusinghe fè cagion del mal suo“, in cui l’ingenuo Cuccurellino, giovane bracciante di Magliano in Toscana, decide di intraprendere un lungo viaggio verso Firenze, allo scopo di diventare finalmente un uomo.

Attraverso varie vicissitudini oramai ricordate come aneddotica a parte (Ricordiamo “incontro della rana con la coda“, e “Prigionia coatta col brigante Svinchiaguarra“) Cuccurellino giunge infine a Firenze, dove si aspetta di compiere l’atto decisivo della sua formazione.

Aggirandosi per la città in cerca del Bordello descrittogli dal nonno in punto di morte; il giovane nota una lunga coda di uomini in trepidante attesa e fiducioso vi si aggrega, tentando di scambiare convenevoli con gli astanti, la cui riluttanza nel rispondere, non fa altro che confermare a Cuccurellino che si trova nel luogo giusto.

Dopo lunghe ore di attesa, nonostante la pioggia battente e i continui scherzi dei monelli, il giovane Cuccurellino giunge alla tanto ambita meta, solo per vedere un nerboruto fattore uscire sollevandosi i calzoni da una rozza porta di legno con vergata la scritta “Cacatoio“.

L’amara scoperta

L’amara scoperta

Informandosi sulla reale funzione del deludente edificio il giovane ingenuo si sente rispondere in maniera assai poco cortese “Ehh qui vo a Cahare!“(da cui, per elisione, il risorgimentale Equivocare); sentendosi distruggere così brutalmente l’illusione, a Cuccurellino non resta altra possibilità che allontanarsi mesto e lasciare la città a capo chino per non farvi più ritorno.

La novella non ci dice quale sia stata la sua sorte, alcune fonti apocrife tuttavia (tra cui la discussa opera del Minghionanti) sostengono che non abbia retto alla vergogna e abbia concluso la sua esistenza appendendosi a un pioppo nell’immediata periferia fiorentina.

Effimero – ef|fì|me|ro

L’etimo di questo termine ha appena cessato di esistere.

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Se solo fossi passato da qui dieci minuti fa…

Erbaccia – er|bàc|cia

Dal popolare locale Da Sor Gino er Baccatore sito sul colle Esquilino, già grandemente frequentato a partire dall’età regia da quella parte della popolazione desiderosa di buona cucina (3 corone di alloro sulla guida Palinuro Purpureo dal 673 al 685 A.C!), spettacoli di gusto e una quantità di bevande alcoliche sufficiente a tramortire 90 mila fanti, 12 mila cavalieri e 37 elefanti. Per tre volte.

Rinomato e apprezzato dal jet set Patrizio per la sua sobria architettura, l’Osteria con cucina Er Baccatore (chiusa il martedì) si distingueva inoltre per la presenza al suo interno di numerosi alberi da frutto sorgenti dal nudo pavimento e , ovviamente, per la colossale icona bronzea del dio Bacco da cui l’osteria prendeva il nome, imponente nei suoi 4 metri di altezza e 580 Kg di peso (sgocciolato).

Purtroppo la sempre maggiore folla di appassionati di libagioni decadenti e cucina casalinga (prezzi modici!) mise a dura prova la capacità già estremamente sollecitata dello stabile, al punto che divenne prassi tra i clienti del locale accomodarsi sulla pesante ma purtroppo non troppo stabile struttura bronzea, deliziarsi con gli ottimi vini dell’osteria Er Baccatore (sconti per comitive e pranzi di lavoro!) e improvvisare componimenti vocali di moralità incerta (da cui il termine Bacc-canti).

Una situazione del genere degenerò facilmente nel ben noto disastro tristemente passato alla storia come “quella gran Baccata“, in cui il mastodontico idolo, probabilmente a causa del semplice pavimento in terra battuta impregnata di umori corporei, rovinò all’indietro fragorosamente (da cui il termine Baccano) sugli ignari avventori provocando un bilancio di 4 feriti gravi e 6 morti lievi.

La statua dello scandalo

 

La statua dello scandalo (dimensioni non reali)

Conseguenza diretta della strage fu l’immediata chiusura del locale da parte delle forze dell’ordine, i ben conosciuti NAS (da cui il termine “Na’Sbaccata”, e la sua evoluzione tardo-medievale “Na’Sbaraccata”) che immediatamente aprirono un’inchiesta tuttora in corso; nel frattempo però l’antica osteria (anche feste di laurea!) restava purtroppo chiusa e, rimanendo l’unico giardiniere disponibile macinato sotto la bronzea divinità, nel giardino antistante all’osteria cominciarono in poco tempo a proliferare piante infestanti come la Gramigna, il Cardo o il Finocchio.

“Er Bacca” (dal nomignolo scherzoso affibbiato al gestore) da sinonimo di buona cucina a poco prezzo, divenne per tutti coloro che passavano innanzi un modo per indicare lo stato di abbandono in cui versava un giardino e , successivamente, le stesse piante infestanti.


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